Essere “brava/o”

Ieri durante una lezione di gruppo, come faccio sempre ho chiesto alle persone di fermarsi ad ascoltare il proprio corpo e le proprie sensazioni, in modo da raccogliere la risposta del corpo a quello che stavamo facendo.
E’ questo un passaggio che nel Metodo Feldenkrais è frequente: ci si ferma e ci si riposa un minuto, si ascoltano le sensazioni e il corpo, si ascolta il respiro e poi si riprende il movimento.
Durante questa pausa, una persona ha commentato ad alta voce il movimento che stavamo facendo, condividendo il processo che lei aveva attraversato durante la lezione.
E insieme abbiamo riflettuto sul desiderio di essere “brava/o”.

Questa riflessione è profondamente incardinata nel Metodo Feldenkrais.
Posso fare un esempio.
E’ possibile superare il proprio limite in due modi.
Il primo è rivolto all’esterno e consiste nell’applicare uno sforzo per spingere il limite più lontano dal nostro centro.
Il secondo è rivolto all’interno e consiste nel migliorare lo spazio interno al limite senza allontanarci dal nostro centro.
Il primo modo si basa sula sensazione che quello che ho già non sia sufficiente a superare il mio limite, dunque devo rivolgermi all’esterno.
Il secondo modo si basa invece sul valorizzare quello che ho già contando su questo per superare il proprio limite.
Il primo modo si fonda quindi sulla mancanza e la sfiducia, il secondo sulla presenza e la fiducia.
Ma in verità non c’è bisogno di cercare di essere “brava/o” perché (con il Metodo Feldenkrais scopri che) tu lo sei già.

La gentilezza del Feldenkrais

Il Metodo Feldenkrais spesso viene scambiato per una ginnastica, semplicemente perché si tratta di muovere il proprio corpo seguendo le indicazioni (verbali o direttamente fisiche) che vengono date dall’insegnante.
Ad esempio, all’inizio ci sono persone che tendono a ripetere e ripetere meccanicamente i movimenti richiesti, anche decine di volte, nella speranza che sia il movimento in sè a portare il miglioramento, come avviene appunto con la ginnastica in tutte le sue declinazioni.

Nel Metodo Feldenkrais invece è la consapevolezza lo strumento principale, quindi occorre ricordare che ogni movimento è un atto unico, irripetibile e così va sperimentato e agito se vogliamo davvero averne consapevolezza.
Dunque è inutile ripetere e ripetere la sequenza di movimento in modo meccanico: è meglio fare poche ripetizioni cercando di sentire e di seguire i suggerimenti dell’insegnante, il quale in effetti è lì proprio per prestare la propria consapevolezza agli allievi in modo questi possano espandere la propria.

Per noi è inutile fare un movimento “muto” cioè privo di scoperte interessanti e di nuove consapevolezze perché durante una lezione del Metodo Feldenkrais torniamo (idealmente) in uno stato speciale dove tutto è nuovo e tutto è fonte di scoperta.
Uno stato speciale, dove la gentilezza e la consapevolezza ci aiutano e ci permettono di comprendere
la relazione tra il movimento e le varie parti del corpo,
tra le mie sensazioni e il movimento,
tra le sensazioni, il movimento, le parti del corpo e le mie emozioni e i miei pensieri.

In questo modo è possibile, in effetti, arrivare a comprendere anche la relazione tra ansia, infiammazione articolare e contrazione muscolare, ad esempio: un aspetto al quale Moshe Feldenkrais stesso ha dedicato molto del suo tempo poiché si tratta di uno schema piuttosto diffuso.
Non ci credi?
Contattami per fare una lezione di prova senza impegno, così lo potrai verificare di persona.

Un invito gentile a fare la rivoluzione

Lezioni del Metodo Feldenkrais a Calenzano,
ogni lunedì, martedì, giovedì e venerdì
alle ore 11, ore 13.15, ore 15.30 e ore 18.30.
Le lezioni sono IN PRESENZA per piccoli gruppi di 4 persone, greenpass obbligatorio.
La prima lezione è gratuita.

Praticando il Metodo Feldenkrais scopri che puoi fare molto di più che migliorare i tuoi movimenti o risolvere un problema fisico o un dolore, perché impari ad avere fiducia nel tuo corpo ed ad averne cura autonomamente ed è così che torna la leggerezza.

Questo aspetto del Metodo Feldenkrais è importante e lo rende in qualche modo unico nella sua efficacia.
Moshe Feldenkrais stesso infatti dichiarò:
“Io sarò il vostro ultimo maestro.
Non perché io sarò stato il miglior insegnante che abbiate potuto trovare, ma perché con me imparerete come imparare.
Quando si impara ad imparare, ci si rende conto che non ci sono insegnanti, ci sono solo persone che studiano e persone che imparano a facilitare l’apprendimento”.

Uno dei fondamenti del Metodo infatti è la consapevolezza di sé, cioè il sapere di sé e di come ci stiamo muovendo ed agendo e di come ci sentiamo nel farlo.
Praticando il Metodo impariamo così a distinguere quello che è buono per noi ed il nostro corpo e quello che invece va oltre i nostri limiti o non è buono per noi ed il nostro corpo.
La sensazione di stare bene o non stare bene, prima che venga precisata e raffinata in una sensazione o una emozione e un pensiero, è infatti alla base del nostro essere consapevoli, è il primo livello di fondo.
Si tratta quindi di un apprendimento molto importante per un essere umano (e in generale per ogni essere vivente), un apprendimento che può cambiare il modo di muoversi e di pensare della persona, aiutandola ad agire autonomamente per il proprio benessere (senza necessariamente dover dipendere da altri).

Consapevolezza

Scrivo questo breve articolo in occasione dell’apertura di questo mio sito dedicato al Metodo Feldenkrais, metodo del quale sono insegnante.

Mi piacerebbe scrivere a proposito del Feldenkrais tutto quello che penso, sento ed ho imparato in questi anni, ma so che ci sono tante persone molto, molto più autorevoli e preparate di me, quindi mi limito a dare qualche riferimento per chi volesse saperne di più.
Il primo riferimento, naturalmente, è la International Feldenkrais Federation.
Il secondo è l’Associazione italiana insegnanti Metodo Feldenkrais.

In ogni caso oggi voglio dare un punto di vista soggettivo, una opinione personale insomma, senza alcuna presunzione di autorevolezza…

Il Metodo è stato messo a punto da Moshe Feldenkrais nei primi decenni del secolo scorso, quindi è stato da lui sviluppato sino al momento della sua morte (1984), quando ormai era diventato un “sistema” vero e proprio, grazie al lavoro su migliaia di persone trattate e seguite da Feldenkrais.
Si tratta di un metodo e non di una tecnica quindi e questo è uno dei meriti di Moshe Feldenkrais, io credo: nel senso che non si tratta di una serie di esercizi o di pratiche o di movimenti in sequenza da fare, ma si tratta di un vero e proprio sistema, un modo di approcciare l’essere umano, un modo che può essere utilizzato efficacemente in tanti ambiti, veramente tanti. Ecco perché il Metodo viene utilizzato con soddisfazione da persone anziane come da persone giovani, da persone con gravi patologie fisiche o neurologiche come da persone sane, da persone che necessitano di riabilitazione come da persone che praticano sport a livello agonistico o da persone che conducono una vita sedentaria.

La principale caratteristica del Metodo Feldenkrais è quella di rivolgersi alla consapevolezza della persona.
L’aumento o il miglioramento della consapevolezza porta beneficio.
Il tipo beneficio che si ottiene dipende dalla persona, cioè da quello che la persona intende migliorare di sé: ecco perché con lo stesso Metodo lo sportivo correrà più veloce, la persona dolorante si sentirà meglio, la persona anziana si muoverà con più sicurezza, la persona giovane sarà più coordinata, la ballerina avrà più controllo del proprio equilibrio, le spalle del musicista non faranno più male e via di questo passo.
Il Metodo Feldenkrais quindi non è un processo direttivo: non si ottiene sempre lo stesso risultato, il beneficio ottenuto dipende dalla persona, ad ognuno il suo.

Naturalmente nel corso del tempo in tutte le culture del mondo sono state messe a punto tecniche-modi-metodi per aumentare o migliorare la consapevolezza della persona allo scopo di migliorare la vita stessa dell’essere umano.

Nell’idea di Feldenkrais però la consapevolezza sul piano fisico-motorio che caratterizza il Metodo, ha diversi vantaggi rispetto alle altre tecniche-modi-metodi.

Il piano fisico-motorio (il movimento) è quello che noi tutti conosciamo meglio, è il più facile insomma: la consapevolezza emotiva, spirituale o cognitiva è molto più difficile anche solo da definire (prova a definire lo stato emotivo in cui ti trovi adesso e poi prova a definire lo stato fisico in cui ti trovi adesso e vedi cosa è più facile).

La consapevolezza sul piano fisico-motorio è alla portata di tutti, sani o no, sportivi o sedentari, giovani o anziani perché non richiede nessuno sforzo, nessuna performance.
La consapevolezza fisico-motoria viene poi “digerita” molto più facilmente dalla persona (rispetto al dato emotivo, cognitivo o spirituale) perché essa si basa sulla sensazione e sulla percezione fisica.
La sensazione e la percezione fisica stanno alla base dello sviluppo ontogenetico e filogenetico del nostro sistema nervoso: sono i primi stimoli che riceviamo e sono perciò le prime consapevolezze che sviluppiamo da bambini e – ugualmente, sono state le prime consapevolezze che il genere umano ha sviluppato (ad esempio per imparare a camminare su due gambe anziché in quadrupedia).

Questo nella pratica significa che per una persona una nuova consapevolezza raggiunta con il Metodo Feldenkrais sarà più facile da assorbire e integrare, cioè da imparare.

La consapevolezza fisico-motoria quindi si può imparare con un certo grado di facilità e questa è la seconda caratteristica importante del Metodo sviluppato da Feldenkrais, il quale dopo aver capito che la chiave era la consapevolezza, mise a punto un sistema facile e alla portata di tutti.
E’ per questo che l’operatore nel Metodo viene definito insegnante mentre il cliente viene definito allievo: perché si tratta di vere e proprie lezioni attraverso le quali la persona impara.

Nelle relazioni di aiuto operatore-cliente o terapeuta-paziente, di qualsiasi tipo esse siano, ormai è un fatto acquisito che è inutile (se non dannoso) aiutare la persona oltre il limite che essa può integrare, cioè oltre il livello che la persona può far proprio portando nella sua vita la consapevolezza/conoscenza/beneficio appena scoperti.
Il rischio infatti è che la persona torni a casa e provi frustrazione per non riuscire laddove invece pensava di aver imparato, oppure il rischio è di consolidare nella persona un’immagine di sé inadeguata e incapace senza aiuto esterno.
Nel Metodo Feldenkrais invece l’integrazione della consapevolezza è un momento codificato, quindi un passaggio sempre presente che garantisce di non andare oltre il limite utile per la persona.

Il Metodo insomma è facile, alla portata di tutti, abbastanza rapido nei tempi, sempre rispettoso della specificità di ognuno e praticamente adattabile ad ogni esigenza.

Quest’ultima affermazione, dell’adattabilità ad ogni esigenza del Metodo Feldenkrais potrebbe sembrare troppo.
Per rinforzare questa mia affermazione anzichè difenderla, voglio andare oltre il piano fisico: voglio ad esempio ricordare che Feldenkrais mise a punto il Metodo affrontando la questione dell’ansia fra le prime.
La domanda è: la consapevolezza fisico-motoria che con il Metodo viene integrata facilmente e rapidamente nella persona, dove va poi a riversarsi?
La persona infatti è un intero e anche il Metodo tale la considera naturalmente.
Quindi, la persona impara a sedersi, a muoversi, a camminare, a stare eretta, a sdraiarsi, ad afferrare un oggetto e a portare un peso con più facilità e meno fatica.
Ma tutto questo apprendimento che impatto ha sulla persona?
Ad esempio, quando io imparo a tenere la testa ben allineata sulla colonna, senza sforzo, che cosa sto imparando davvero come essere umano?

Dopo una lezione del Metodo Feldenkrais, quando scopro che il mio sguardo cade spontaneamente sulla linea dell’orizzonte, fra cielo e terra anziché essere (come al solito) rivolto in basso e tenuto sù a fatica, che cosa mi accade come persona?
In queste occasioni (di nuova consapevolezza fisico-motoria) che cosa realizza il mio sistema nervoso?
Quali pensieri, credenze, considerazioni, valutazioni della mia persona e auto-giudizi cambiano?
Come cambia l’immagine che ho di me come persona?
Quali emozioni provo quando scopro che il mio scheletro, la mia struttura, mi può sostenere senza sforzo consentendomi di guardare l’orizzonte e di controllare lo spazio intorno a me facilmente?

Insomma, che cosa sto imparando su me stesso in questo momento?