Le lezioni del Metodo Feldenkrais consistono in una serie di istruzioni impartite dall’insegnante oralmente (nelle lezioni di gruppo) oppure fisicamente attraverso il tocco (nelle lezioni individuali).
L’insegnante del Metodo infatti non mostra mai il movimento da eseguire ai propri allievi, diversamente da quello che accade in molti altri sistemi e metodi basati sul movimento fisico.
Naturalmente una istruzione impartita oralmente o fisicamente è comunque parte di una comunicazione e di una relazione interpersonale, dunque essa si presta sempre e intrinsecamente a più interpretazioni e tanto di più nel caso in cui la comunicazione in questione sia la descrizione di un movimento fisico cioè già una mediazione/approssimazione rispetto all’evento reale.
Consideriamo ad esempio la dimensione temporale.
Il fatto cioè che un movimento possa svolgersi in tre/quattro secondi di durata oppure, se più complesso, anche in quaranta secondi di durata mentre la comunicazione orale avendo la necessità di una struttura grammaticale e sintattica specifica ne possa richiedere anche centoventi o duecento di secondi per la descrizione dello stesso movimento, implica la possibilità che ci sia un disallineamento fra istruzione e compito.
Lo stesso vale per le istruzioni impartite fisicamente attraverso il tocco durante le lezioni individuali: affinché il tocco dell’insegnante possa essere recepito e compreso e lasciato agire, idealmente la persona dovrebbe consentire il movimento del proprio corpo lasciandolo in uno stato completamente passivo ma disponibile, stato in effetti molto difficile da raggiungere considerando che si viene mossi da un estraneo e che il nostro sistema nervoso autonomo compie continuamente valutazioni e assume configurazioni al di sotto della nostra consapevolezza.
Per questo, sia nel caso delle istruzioni orali che nel caso del tocco, nel tentativo di riconoscere l’indicazione dell’insegnante prima che essa sia completamente dispiegata, spesso la persona tenta di interpretarla opponendosi ad essa inconsapevolmente.
Questa non chiarezza o ambiguità delle istruzioni di movimento impartite è però (in vero) parte fondante del Metodo Feldenkrais, tant’è che l’insegnante è sempre focalizzato sull’apprendimento degli allievi più che sul proprio insegnamento, cioè è sempre più attento a come la persona impara rispetto a quello che la persona fa.
Nello specifico infatti il Metodo sviluppa e si fonda su quello che viene definito apprendimento organico, cioè sul modo di imparare che è caratteristico dell’essere umano.
Noi infatti non impariamo attraverso delle istruzioni particolareggiate precise e dettagliate sino alla massima definizione, perché questo significherebbe eseguire (come esegue la macchina) e non imparare.
E noi peraltro impariamo quasi tutto ciò che poi sappiamo: sono davvero pochissimi gli istinti innati di un essere umano appena nato.
Veniamo infatti al mondo con un sistema nervoso incompleto che termina di svilupparsi diversi anni più tardi e per questo il nostro sistema nervoso cresce e si sviluppa e si modifica adattandosi a ciò che incontra nei primi anni di vita, all’ambiente nel quale cresciamo, inclusi gli altri esseri umani.
Imparare come un essere umano, necessita e intrinsecamente richiede anzi, la personalizzazione e l’adattamento alla propria realtà psichica e fisica, in altre parole richiede il fare davvero nostro quello che stiamo facendo.
Pensate al tempo che occorre per imparare a camminare ad un essere umano (12/18 mesi) rispetto al tempo che occorre ad un cavallo (2/4 ore) o ad un cane (20/30 giorni).
Mi permetto di dire adesso che credo sia chiaro che la formazione scolastica (o di altro tipo) nelle modalità in cui viene perlopiù erogata nel nostro “mondo”, è di per sé finalizzata a formare persone in grado di eseguire più che persone in grado di fare nel senso creativo caratteristico degli esseri umani.
Nell’apprendimento organico di un essere umano è infatti necessario poter sbagliare, poter fare degli errori, mentre nell’apprendimento finalizzato alla esecuzione gli errori e gli sbagli sono eventi da evitare.
Senza imparare a cadere è infatti molto difficile imparare a camminare in modo rilassato ed efficiente e per questo occorre il tempo di fare questa esperienza in modo completo, cioè il tempo per permettere al mio sistema nervoso di svilupparsi e modificarsi adattandosi all’esperienza di camminare su due gambe anziché su quattro.
Se, al contrario, l’esperienza che mi viene proposta è quella di dover camminare su due gambe nel minor tempo possibile evitando di cadere, cioè se metterò il risultato come priorità rispetto all’esperienza che sto facendo, questo plasmerà il mio sistema nervoso diversamente e perderò una fase importante dell’apprendimento di un essere umano.
Le conseguenze di questa perdita dovuta alla accelerazione verso il risultato, tipica del nostro “mondo”, non sono predicibili ma forse sono comunque ipotizzabili.
Forse (forse) la mia tolleranza alla cadute sarà minore o forse avrò imparato camminare stringendo i glutei oppure magari avrò imparato a stare in equilibrio con disinvoltura senza valutarne la conseguenze, non lo possiamo sapere.
In ogni caso avendo anteposto il risultato all’esperienza completa, cioè avendo evitato di sbagliare e ritentare per correre invece subito verso il risultato, avrò per certo imparato intrinsecamente a provare ansia per la prestazione.
Anche questo è un apprendimento.
Così come lo è il fatto che avendomi qualcuno indicato il risultato da raggiungere prima che io lo conoscessi da me, attribuendo così all’esperienza un valore solo nel caso del raggiungimento del risultato, io vengo scippato del senso di autonomia e autostima che sarebbe stato il vero obiettivo da raggiungere nella prospettiva di un essere umano che sta crescendo e diventerà un adulto.
Dunque la non chiarezza o anche l’ambiguità delle istruzioni di movimento impartite dall’insegnante è in vero parte fondante del Metodo Feldenkrais, perché queste lasciano spazio all’errore, allo sbaglio, all’interpretazione ed alla ricerca personale dell’allievo, consentendogli di apprendere organicamente ed in questo auspicabilmente ritrovando anche un senso profondo (perché vissuto non impartito) di autonomia e autostima.